Roma Hi-Fidelity 2021 - Il Tempio

Fabio Angeloni 26 Dicembre 2021 Audio

Parte 6 | Il report della nostra visita da Il Tempio, distributore di Acoustic Energy, Benz Micro, EAR, Falcon Acoustic, Kuzma, Lumin, Matrix Audio, Oracle Audio, Plinius, Sudgen, Tsakiridis Devices, Vienna Acoustic e Usher.


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Ho nozione de Il Tempio Esoterico quasi da tempo immemore (circa vent'anni) da quando, ad iniziare da Sudgen, ho iniziato ad associare questa premiata ditta a marchi particolarmente ben suonanti, di livello esclusivo o comunque dall’ottimo rapporto qualità prezzo. Anche se la ho sempre considerata una struttura che poneva il proprio focus sull’High End. Mi sono quindi un po' meravigliato quando ho visitato le loro tre sale al primo piano del Mercure, per gli appassionati di numerologia esattamente la 130, la 140 e la 142.

Sono rimasto un po' sorpreso per la presenza di set dotati rigorosamente di diffusori bookshelf e l’assenza totale di alcune collaudate 'macchine da guerra' distribuite da Il Tempio, quali Electrocompaniet, Manley o Plinius (in realtà presente, ma in esposizione statica). Poi ho capito che tutto non era successo per caso, ma era il frutto di una precisa scelta derivante da un’attenta analisi di mercato, da un’approfondita valutazione delle caratteristiche della manifestazione, degli spazi a disposizione e della pragmatica considerazione del momento storico.

Nell’ambito di una manifestazione traboccante di buoni prodotti (in effetti appesantiti solo da prezzi proporzionati al livello dell’offerta, oltre che da sovraprezzi dovuti a difficoltà di reperimento di componenti elettronici e alla logistica),  Quanto agli speaker, le tre belle salette consentivano ascolti differenziati e rilassati, ma lo spazio che concedevano non era immenso: sarebbe stato quindi importante inserirvi altoparlanti in grado di minimizzare in modo naturale ogni possibile forma di interazione con l’ambiente. Proponendo impianti costituiti da prodotti di livello medio, si sarebbe riuscito ad interessare potenziali appassionati che disponevano di budget contenuti senza mostrare inutilmente i muscoli, quanto - piuttosto - la meravigliosa capacità di ricreare armonia ed equilibrio (tonale): atmosfera in pieno Yin-yang taoista, insomma! Questa mi è dunque sembrata la strategia che ha saggiamente ispirato l’esposizione de Il Tempio Esoterico di Dario Candarella (CEO) e Tony Pedalino all’Hi-Fidelity romano e, considerando i commenti positivi che ho individuato in rete, il loro approccio si è rivelato vincente.


Da sx a dx Michele Mangione, il musicista catanese Gaetano Spartà,
Tony Pedalino de Il Tempio e Giuseppe Leanza

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Per comprendere appieno questa realtà, sottolineo che Il Tempio Esoterico ha al contempo tre anime, vale a dire quella del rivenditore, presso la sede catanese (aperta da circa un triennio) di Via Caserta 6 composta da tre sale (una delle quali dotata di schermo per proiezioni), quella del distributore di quasi 30 marchi provenienti da 15 diversi Paesi i cui prodotti vengono resi fisicamente disponibili nelle maggiori rivendite dei capoluoghi dello stivale ed infine quella del webmaster di uno shop online (che andrebbe forse potenziato sotto il profilo informatico). Quando si dice: riuscire a massimizzare il core business della propria attività!

La prima paletta esterna sul corridoio spingeva i visitatori a seguire un preciso ordine di visita delle tre sale, che ho seguito senza fiatare.


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Sala 1

La prima di esse si ispirava al particolarmente amato mood analogico del titolare Tony Pedalino, in quanto adoperava come sorgente un imponente master recorder a bobine ¼” dBx 19/38ms a due tracce e due telai della nipponica TEAC, modello A-7300RX, e come seconda fonte un giradischi Kuzma (ditta britannica che opera sul mercato da quasi 40 anni) Stabi S, modello dalla grande personalità estetica la cui rigidità è favorita dalla costruzione in ottone massiccio, con braccio Stogi S.

  
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Le restanti elettroniche erano delle EAR Yoshino, marchio storico (1976) di Tim de Paravicini (scomparso lo scorso anno). I prodotti EAR-Esoteric Audio Research provengono (come orgogliosamente precisato su alcune plate frontali) da Huntingdon-Cambridgeshire, area davvero gloriosa in quanto patria di marchi senza tempo quali Avid, Cyrus, Meridian, Mission, e Quad; e poi un prodotto che riportava nella dizione “esoterico” sarebbe potuto mancare, al Tempio? In sala c’era un preamplificatore 912, il top di gamma in grado di sprigionare una qualità pensata anche per gli studi di registrazione, con tanto di VU meters e frontale satinato o brunito: adotta valvole di alta qualità per garantire performance elevate, per l’esattezza 5 PCC88 (3 per la parte phono e 2 per la linea), con 6 trasformatori di uscita. L’amplificatore stereo a valvole era invece un 890, configurazione push-pull con otto valvole di uscita KT90 (quattro per canale), più due valvole ECC85 e due valvole ECC83, per 70 watt per canale (settabile in mono, per 140 watt) su 4, 8 o 16 ohm, con design auto-polarizzante e ingressi bilanciati o sbilanciati.

 
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Gli speaker erano molto compatti. Si tratta di una riedizione delle c.d. scatole da scarpe, gli LS3/5a, altoparlanti nati per monitorare le dirette TV della BBC, interpretati negli anni da molti marchi britannici di grande prestigio. Anche la britannicissima Falcon Acoustic (produttori dei driver delle prime Kef e Rogers) ne ha prodotto varie versioni, ma nella saletta erano presenti le LS3/5a Gold Badge Edition costruite interamente nell’UK su licenza BBC, con una sensibilità di 83 dB e un’impedenza di 15 Ohm (3.590 euro): dati, questi ultimi, da considerare attentamente in fase di progettazione del proprio set.

  
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Gli unici componenti che accomunavano le sale erano, per così dire, il primo (la testina) e l’ultimo (la multi presa filtrata). Benz Micro è un marchio nato dalla mente di Ernst Benz negli anni '80, rilevato nel 1994 da Albert Lukaschek: il brand, presente in entrambe le sale dotate di giradischi, produce a mano testine fono di fascia alta in Svizzera. Nel 1987 nasceva invece Tsakiridis Devices, marchio high-end greco che offre una intera linea di produzione con il duplice obiettivo di mantenere un livello qualitativo elevato e di garantire prezzi competitivi: suoi erano i distributori di corrente filtrati modello Hercules che alimentavano i set presenti in tutte le sale.

Quando ho fatto accesso in saletta sul TEAC scorreva un nastro che riproduceva Stay di Susan Wong, tratto da Woman in love (che segnalo essere disponibile su CD in edizione giapponese HQCD). Faceva seguito un classico Take Five eseguito da Takeshi Inomata (tratto da Cover Jazz Legend Standards). Nell’insieme mi è parso un impianto minimalista dal meraviglioso suono analogico, ma più veloce e trasparente del solito, con una timbrica equilibrata e convincente, ma anche l’atout di un ottimo rapporto qualità prezzo.


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Sala 2

Nella seconda sala campeggiavano in un angolo, scollegati, speaker austriaci prodotti da un marchio presente sul mercato dal 1989: si trattava di un paio di Vienna Acoustics – Beethoven Baby Grand Reference (8.190 euro), altoparlanti dall’impatto estetico frontale piuttosto limitato e dalla pregiata ebanisteria che utilizzavano due woofer da 6” (semiplanari), un midrange da 6”, un tweeter in seta da 1,1” per una impedenza di 4 Ohm e 89 dB di sensibilità.

 
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Sul rack faceva bella mostra di sé un giradischi Oracle Audio, marchio canadese che opera dal 1979, modello Origine MKII con onboard, come detto, la testina Benz Micro modello MC Silver (tutto 4.200 euro) con la sua livrea scura interrotta da una sottile e lucente linea rossa (a richiesta, fino a tre e di colore anche blu, verde o trasparente) illuminata dal light module che potrà favorire un ascolto intimo, appunto esoterico, della propria musica preferita.


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In questa sala compariva la musica liquida, giacché era presente lo streamer/DAC/preamplificatore top di gamma di Lumin, lo X1 (12.998 euro) che pescava il brano in rete, per il tramite di Tidal. Lumin è un marchio della Pixel Magic di Hong Kong, società in attività dal 2003: qualcuno di voi forse ricorderà il loro famoso processore video Crystalio. Serve a poco precisare che questa macchina in due telai, con alimentazione separata, utilizza un doppio DAC ESS Technology SABRE ES9038Pro per canale con 140dB di range dinamico, perché ben sappiamo quanto sia importante l’implementazione, oltre al chip. A questo riguardo vale però la pena di ricordare che ci troviamo di fronte ad una macchina particolarmente eclettica, in grado di decodificare DSD512/22.6 mHz e PCM/768 kHz, con uscita digitale audio che supporta nativamente il DSD512, design Dual Mono, clock a femtosecondi, circuiti separati per sezione analogica e digitale, compatibile con Qobuz, Roon, Spotify e Tidal, oltre ad essere MQA ready, DLNA, UPnP e Airplay ready.


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Sugli integrati Sudgen c’è invece da porre un po’ di attenzione alle sigle. L’A21 originario del 1967 di James Edward Sugden erogava 12 Watt ed è stato il capostipite della prima produzione commerciale di amplificatori a transistor in pura Classe A. All’acclamatissimo modello ha fatto recentemente seguito la versione Signature (quella presente in sala, 2565 euro), il cui stadio di alimentazione adotta due trasformatori che forniscono un’energia superiore del 50% rispetto al modello precedente, il che gli consente di erogare 23 Watt ad 8 Ohm, sempre in classe A. Lo stadio phono a componenti discreti, se viene ordinato in fase di acquisto A21a (236 euro), viene inserito nel case, ma come elemento esterno a sé stante può essere anche acquistato in seguito con la sigla A21 Stage 2 (846 euro). Esiste infine una ulteriore evoluzione la cui sigla è A21 SE Signature (3.698 euro), che grazie a migliorati comparti di alimentazione e preamplificazione riesce ad erogare 30 Watt, sempre ad 8 Ohm, in classe A, naturalmente.

 
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Completavano il set un paio di diffusori americani GoldenEar AON 2 (1099 euro), bei bookshelf dalla forma di piramide tronca (struttura perfetta ad evitare lati paralleli) nati come near filed monitor. Il marchio è stato fondato da Sandy Gross (Definitive Technology etc) e abbraccia i mercati audio e video, con speaker di tipo passivo nelle prime linee e attivo nelle seconde. Stereophile ha inserito le Triton Reference nelle classifiche dei migliori speaker in termini di rapporto qualità prezzo. Le AON 2 hanno un’efficienza di 89 dB, un’impedenza di 4 Ohm ed usano la medesima tecnologia adottata sulle Triton, come il midbasso da 6" e un tweeter a nastro (High-Velocity Folded Ribbon-HVFR), più due radiatori passivi per le basse frequenze da 6-1/2". Alle GoldenEar si alternava un paio di diffusori inglesi Acoustic Energy modello AE300 (870 euro). Il marchio ha una lunga tradizione maturata sul campo, essendo nato a Londra nel 1987, e il modello 300, in particolare, è un due vie con un midbasso da 13 cm, un tweeter con cupola di alluminio da 28 mm (che dovrebbe assicurare una grande dispersione), una sensibilità di 86 dB e un’impedenza di 6 Ohm. Acceso ma non in funzione, invece, c’era l’amplificatore integrato valvolare Cary Audio SL100 (7.465 euro).

Quando ho fatto ingresso in sala veniva riprodotto “Coastal Tree” di Kari Bremnes da Norwegian Mood e i diffusori erano sorretti da bei piedistalli Solid Tech: si udiva una gamma bassa molto naturale, scaldata dal bel suono in classe A del Sudgen denso di palpabile micro dinamica, e perfettamente proporzionata e coerente col resto della gamma sonora, anche se ben più estesa di quanto avrebbe potuto far supporre la dimensione degli speaker. Ha fatto seguito “I can stand the rain” di Sara K tratto da Hell or high water. Il Lumin di volta in volta si premurava di informare su cosa (e come) stava riproducendo dalla playlist su un utile e completo display frontale. Il set componeva una ricostruzione scenica particolarmente credibile. Alla sala dalla pianta asimmetrica apparentemente non era stato applicato alcun trattamento acustico, se si escludono gli effetti della spessa moquette a terra e dei tendaggi leggeri e pesanti che partecipavano al miracolo. La sessione di ascolto terminava con All your love, sempre di Sara K, tratto da Gypsy Alley. Ho molto apprezzato anche questo ascolto per l’equilibrio tonale e la densità sonora.


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Sala 3

Anche quello che ho trovato nella terza sala era un impianto minimalista, composto solo da sorgente, amplificatore integrato e diffusori: il bel Plinius satinato presente nel rack, infatti, risultava spento.

 
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Il DAC/Streamer era un Matrix Audio modello Element X (3.450 euro). Si tratta di una macchina dalle caratteristiche davvero fuori dall’ordinario (in rapporto al prezzo, naturalmente), in quanto dotata di processore XU216 XMOS ARM quad-core, convertitori ESS Sabre ES9038PRO e Crystek CCHD-950 clock ai femtosecondi, compatibilità fino a 768 kHz PCM e 22.4 mHz DSD, controllo di volume ibrido, app MA Remote ora integrata con Tidal e Qobuz, Roon ready, compatibilità AirPlay & DLNA, MQA (Master Quality Authenticated). Al suo interno ha una sezione di preamplificazione di alta qualità che consente un guadagno in analogico fino a +10 dB, con uscite XLR che erogano fino a 15,8 Volt. Usa un trasformatore toroidale customizzato Noratel con condensatori Nichicon audio grade e struttura antirisonante a doppio guscio con esterno in alluminio da 4mm.


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Il segnale fluiva ad un amplificatore integrato valvolare Tsakiridis (marchio di cui abbiamo detto più su) modello Hermes (1.950 euro). Eroga 25 watt per canale grazie ad otto EL84 (quattro per canale) in configurazione doppio push-pull, due 12AT7, un 12AX7; è dotato di un ingresso USB 24bit/96kHz, con controllo volume motorizzato ALPS blu, telecomando, tre ingressi di linea, relè di alta qualità per la selezione degli ingressi, uscita cuffie, trasformatori di uscita multistrato fatti a mano, garanzia a vita per i trasformatori, garanzia di cinque anni.


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Completava il set una coppia di diffusori Usher SD-500 (2.345 euro: ah, qui torna la numerologia) su stand Usher 520-S (590 euro) del brand di Taiwan, che affonda le sue solide basi nel 1972 e che usano una tecnologia proprietaria per la produzione di tweeter con cupola in diamante.


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Anche in questo caso l’ascolto lampo è consistito nel medesimo brano di Sara K che intonava “I can’t stand the rain”, tratto da Hell or high water. Ha costituito un gran vantaggio, per me, poter fare una comparazione quasi immediata fra set diversi, contando sulla persistenza lieve del ricordo, anche se certe volte questa evenienza in realtà si rivela scivolosissima, quanto mai ingannevole, fino a diventare in alcuni casi addirittura controproducente. La resa del brano era diversa e per me soggettivamente ancora migliore: la gamma medio alta rimaneva limpida, ma l’insieme appariva ancor più strutturato senza mostrare lentezza o gommosità di emissione, e il fatto aveva un po’ dell’incredibile, sempre considerando il rapporto stretto esistente tra le dimensioni e la voce che gli speaker sono in grado di produrre.

Certo è che ho terminato la mia visita a Il Tempio esoterico, come probabilmente auspicato, in estasi sonoro-contemplativa!

 

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