Monterossi | stagione 1 | la recensione
Due gialli tratti dai romanzi di Alessandro Robecchi, adattati più per una televisione canonica che per una piattaforma streaming come quella di Amazon. Un peccato, viste le buone interpretazioni, la colonna sonora di Bob Dylan e le potenzialità di due storie interessanti.
Questa non è una canzone d'amore
Carlo Monterossi è un autore televisivo il cui format è stato stravolto fino ad assumere i contorni di un programma che lui detesta intitolato Crazy Love, che però ha un successo notevole. Una sera, un sedicente rider si presenta alla sua porta con un passamontagna, puntandogli una pistola in volto. L’istinto di sopravvivenza gli suggerisce di lanciargli contro il bicchiere che ha in mano e riesce così a schivare la pallottola. Una volta sopraggiunta la polizia, Monterossi viene suo malgrado coinvolto nelle indagini su un uomo i cui scopi coinvolgono molte altre persone, alcune colpevoli, altre innocenti. Con l’aiuto di Nadia e Oscar, due suoi collaboratori, inizia a indagare per proprio conto vedendo che la polizia brancola nel buio.
Di rabbia e di vento
In seguito alla morte di un rivenditore di automobili, Monterossi conosce la bella Anna che sembra interessata a lui. In realtà la ragazza è una prostituta, legata in qualche modo all’omicidio. Quando Anna viene trovata morta, appare Serena, una sua amica e collega interessata a scoprire come siano andate le cose. Inoltre confida a Monterossi che la ragazza le aveva parlato di un tesoro, senza sapere bene di cosa si trattasse. Ancora una volta, l’uomo viene coinvolto nelle indagini, stavolta con la complicità del sovrintendente Ghezzi, che nel frattempo ha sviluppato una certa stima nei suoi confronti.
La terza serie italiana su Amazon Prime Video (dopo Vita da Carlo e Tutta colpa di Freud) è tratta da Questa non è una canzone d'amore del 2014 e Di rabbia e di vento del 2016, primo e terzo romanzo del ciclo di Carlo Monterossi dello scrittore, giornalista e autore televisivo Alessandro Robecchi. Visto il curriculum dell’autore (qui co-sceneggiatore, che ha curato anche la scrittura degli spettacoli teatrali e televisivi di Maurizio Crozza) si percepisce da subito un’aria non tanto di autobiografia quanto di proiezione di sé in una realtà alternativa. Affascinante. In più è diretta da Roan Johnson che tra i vari prodotti televisivi sfornati ha la discreta I delitti del BarLume (con Filippo Timi, Lucia Mascino, Carlo Monni, Alessandro Benvenuti, Stefano Fresi e Corrado Guzzanti), dalla seconda stagione in poi, anche questa tratta da romanzi. Entrambi hanno esperienza nel settore, per cui gli ingredienti per costruire una serie destinata a un pubblico più liquido rispetto a quello delle reti nazionali c’erano tutti. Avere poi a disposizione fuoriclasse del calibro di Fabrizio Bentivoglio, Donatella Finocchiaro, Tommaso Ragno, Maurizio Lombardi e Carla Signoris è garanza di qualità.
Monterossi parte forte. Titoli di testa, la voce di Bob Dylan che canta maestoso la sua Knockin' on heaven's door, un omicidio spietato. Tutto perfetto. Poi arrivano gravi le parole “Sei una testa di cazzo!” all’indirizzo del protagonista, che si staglia sullo schermo come solo lui sa fare. Dialogo serrato, campo e controcampo che delineano immediatamente i tratti di Carlo. Indolente, pentito per aver messo in scena uno spettacolo che si è poi trasformato in una bestia abominevole che fa il trentasei percento di share. Uno arrivato, che si gode la bella vita con una buona dose di pigrizia. Fin qui ancora tutto bene, come si ripete l’uomo che sta precipitando da un grattacielo.
– Gradite un caffè?
– Siamo già nervosi.
Come già detto, la serie si affida a un gruppo di interpreti ben scelti, oltre al capace protagonista. I primi che si notano sono Lombardi e Falsetta nei panni di una coppia di assassini su commissione, spietati e brillanti. La domanda che ci si pone al termine della prima storia è: come si fa a non utilizzare a dovere due così, che hanno tempi drammatici e comici eccellenti, due killer professionisti che dialogano come pochi? Lo stesso vale per Tommaso Ragno, talmente dimagrito da essere quasi irriconoscibile, che negli ultimi anni ha infilato una sfilza di ottime interpretazioni (1992, 1993, Baby, Il miracolo, solo per citare le serie tv) che lo hanno portato ad essere scelto per un ruolo nella quarta stagione di Fargo. Il suo Carella è greve, cinico, con quell’accento pugliese in cui per una volta l’attore mostra le proprie origini (è nato a Vieste), che non tollera i toni di Monterossi che gli fa continuamente notare l’inefficienza della polizia, in particolare proprio la sua. Ma resta un personaggio di mero contorno.
Anche la presenza di Donatella Finocchiaro, che interpreta Lucia, ex di Carlo, ancora suo interesse amoroso, è solo accessoria, quasi fine a sé stessa. La speranza è che si possa assistere a un suo maggiore coinvolgimento in seguito. Carla Signoris, che interpreta la presentatrice opportunista di Crazy Love, è davvero niente male nel ruolo. Non che la cosa sorprenda, ma abituati a vederla in veste di buona o stupendamente svampita, si poteva immaginarla un po’ stonata nei panni di Flora, donna priva di scrupoli, molto simile a personaggi reali ben conosciuti nel panorama televisivo italiano. Al contrario, la sua presenza arricchisce la storia, con gli ipocriti botta e risposta tra lei e Bentivoglio, l’una mossa dalla cupidigia, l’altro costretto ad assecondare il progetto non per soldi ma per scopi ben più alti. La bella scoperta è quella di Martina Sammarco nella parte di Nadia, collaboratrice di Carlo in tv ed esperta informatica utilissima per risolvere i casi. Una donna moderna, decisa e forte, ma al contempo fragile e arrabbiata quando deve fare i conti con la precarietà di un amore. Bravi anche gli altri comprimari, Diego Ribon (il poco serioso sovrintendente Tarcisio Ghezzi), Luca Nucera (il fidato collaboratore Oscar), Marina Occhionero (l’inesperta ma curiosa agente Sannucci), Miriam Previati (la seducente e dolce Anna), Roxana Doran (la brillante e solare Serena) e soprattutto Maria Paiato nei panni di Katia, l’energica agente di Monterossi.
Le due trame risultano interessanti. Nella prima storia, un omicidio inspiegabile, seguito da quello tentato ai danni di un incolpevole Carlo, due zingari in cerca di vendetta, due assassini assoldati per far fuori un uomo, nazifascisti collezionisti di souvenir d’altri tempi. Nella seconda, l’inizio della collaborazione tra Monterossi e il sovrintendente di polizia per sbrogliare la matassa che parte dalla morte del proprietario di una concessionaria, passa per quella di una escort d’alto bordo e finisce con la ricerca di un misterioso tesoro nascosto. Il problema è la messa in scena. I protagonisti alle prese con le indagini parlano tra loro, si raccontano gli sviluppi delle ricerche fatte per trovare i colpevoli dei delitti. Colpevoli che non si vedono mai, evocati solo con nomi e cognomi. Un realismo esagerato che costringe lo spettatore a dover seguire gli avvenimenti alla cieca, senza il punto di vista di altri personaggi che non siano il protagonista o i suoi collaboratori. Il che alla lunga oltre che didascalico diventa assai stancante. La serie non fa alcuno sforzo per non apparire alla stregua di un prodotto televisivo qualunque, ed è anomalo visto che ognuna delle due storie viene sviluppata in tre episodi della durata di tre quarti d’ora, due ore e un quarto a disposizione per raccontare per immagini i movimenti dei colpevoli, degli innocenti e di quelli che non si sa da che parte collocare. Il che fa perdere notevolmente di smalto a vari pregi come la suddetta colonna sonora di Bob Dylan, che è certamente tra le cose più apprezzabili, o gli sguardi in macchina di Carlo a rompere la quarta parete, non rivolto allo spettatore, bensì a un personaggio interno.
Perché guardare la prima stagione di Monterossi?
Se si è appassionati di gialli, questa serie è un poco sopra quello che viene propinato dai canali televisivi tradizionali, grazie alle buone interpretazioni, una eccellente colonna sonora e alcuni personaggi e accadimenti degni di nota. In attesa di una seconda stagione in cui gli autori si occupino di alzare il livello narrativo ricordandosi che poter approdare su una piattaforma streaming significa necessariamente cambiare prospettiva, donando un respiro più ampio con un linguaggio contemporaneo, agile, scattante e ritmi alternati che sappiano creare la giusta dinamica.
VALUTAZIONI
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7 Potenziale 8
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIO/BASSA Impegno MEDIO
visione
Intrattenimento 7 Senso 6,5 Qualità 7
Giudizio Complessivo 6,8
Monterossi | stagione 1
giallo, drammatico, commedia | Italia | 17 gen 2022 | 6 ep / 46 min | Amazon Prime Video
regia Roan Johnson soggetto e sceneggiatura Roan Johnson, Davide Lantieri, Alessandro Robecchi
personaggi interpreti
Carlo Monterossi Fabrizio Bentivoglio
sovrintendente Tarcisio Ghezzi Diego Ribon
Carella Tommaso Ragno
agente Sannucci Marina Occhionero
Lucia Donatella Finocchiaro
Nadia Federici Martina Sammarco
Oscar Falcone Luca Nucera
Flora De Pisis Carla Signoris
Katia Sironi Maria Paiato
Cristina Gregori Beatrice Schiros
il Socio Maurizio Lombardi
il Biondo Gabriele Falsetta
Clinton Ilir Jacellari
capo campo Rom Rinat Khismatouline
Serena Roxana Doran
Anna Galinda / Angela Miriam Previati
Meseret Senai Bedlû Cerchiai
Manuel Macchi Michele Bravi
critica IMDb 7,2 /10 | Rotten Tomatoes nd | Metacritic nd
camera Sony CineAlta Venice (Cooke S4 Lenses)
aspect ratio 2,39 : 1 4K
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