Non siamo più vivi | stagione 1 | la recensione
La serie Netflix sul virus che si diffonde in una scuola trasformando tutti in zombie funziona bene, non per il tema già ampliamente sperimentato, quanto per il parallelo con la pandemia reale e per l’efficacia di una storia che appare imprevedibile, spontanea ed enormemente crudele
A causa di un esperimento genetico mal riuscito, all’interno del liceo coreano di Hyosan inizia a diffondersi un virus letale che uccide le persone e si impossessa del loro corpo, muovendole come fossero ancora in vita, alla ricerca costante di altre vittime. Mentre la polizia indaga sull’origine della malattia interrogando un insegnante della scuola, un gruppo di ragazzi e ragazze cerca di sopravvivere con tutti i mezzi e gli espedienti che riescono a inventare per sfuggire ai morti viventi. Ma quando il governo sceglie di applicare la legge marziale, l’esercito piuttosto che provare a salvare i pochi superstiti decide di abbandonarli per paura del contagio. Gli studenti cominciano così a fuggire come e dove possono, e mentre tutte le insicurezze vengono a galla, le loro vite muteranno per sempre in maniera inesorabile.
Se è vero che l’annuncio dell’entrata in produzione di Non siamo più vivi risale ad aprile 2020, esattamente un mese dopo che l’OMS aveva dichiarato pandemico il virus COVID-19, è altresì vero che è tratta dal webtoon sudcoreano Now at our school pubblicato tra il 2009 e il 2011. Questa contingenza ha dato alla serie una grande potenza perché il tema principale su cui si fonda è lo stesso che ha cambiato le sorti del mondo intero. Temporaneamente sospese nell’agosto 2020 a causa della diffusione della pandemia in Corea del Sud, le riprese sono poi riprese spostando l’uscita in streaming all’inizio di quest’anno. La risposta del pubblico è stata immediata: al primo posto della Top10 di Netflix dal secondo giorno dove è rimasta inattaccabile per oltre due settimane. Non siamo dalle parti del successo di Squid Game, ma neanche troppo lontani. Ma perché ha avuto un riscontro così importante?
– Così non andremo in paradiso.
– Siamo vivi, è questo il paradiso.
Per arrivare a un’analisi approfondita è necessario partire dai personaggi che animano la storia. Dopo le descrizioni di rito dell’ambiente in cui si colloca la storia, e l’innesco dell’epidemia, parte un piano sequenza che catapulta lo spettatore dentro la scuola con un realismo molto forte e diretto. Da qui i vari ragazzi e ragazze introdotti per sommi capi si ritrovano loro malgrado in una situazione apocalittica improvvisa, che ovviamente non possono gestire. E tutto quello che stava succedendo viene sospeso. O per meglio dire, subisce un’alterazione tale da spostare gli equilibri che fin lì potevano portare a determinati esiti, migliori o peggiori che fossero. I giovani studenti iniziano a cambiare rapidamente, i loro pregi e i loro difetti (prima fra tutti la paura), vengono amplificati, quando non distorti.
Quando i bambini muoiono si perde la speranza. Quando gli adulti muoiono si perde la loro saggezza. A cosa diamo più valore?
On-jo e Cheong-san sono amici fin da piccoli ed essendo vicini di casa si recano insieme a scuola, prendendosi in giro reciprocamente. Lei (On-jo) è innamorata di un altro ragazzo, ma quando lui lo scopre, quella che era solo un’amicizia si rivela essere da parte sua qualcosa di più profondo. L’interesse di On-jo è Su-hyeok, il quale è a sua volta molto preso dalla sfuggente Nam-ra, capoclasse molto studiosa e riservata. Ha-ri sta cercando di entrare in un’università sportiva praticando il tiro con l'arco. Spronata dal fratello Woo-jin, non può rivelargli che la gara a cui ha partecipato non è andata come previsto. Al ritorno a scuola insieme al compagno di tiro con l’arco Min-jae, si ritrova confinata nei bagni della palestra con la scaltra Mi-jin, anche lei all’ultimo anno ma diametralmente opposta, a causa di un carattere impulsivo e uno stile di vita non particolarmente sano. Intanto Eun-ji è salita sul tetto della scuola con l’intento di lanciarsi nel vuoto, stanca di subire i continui atti di violenza psicologica da parte di alcuni bulli. Mentre si trova sul parapetto interviene il suo amico Chul-soo, vittima come lei, il quale fa di tutto per convincerla a scendere ma senza risultati. Ma proprio in quel momento accade qualcosa che ferma la ragazza.
Quando togli la vita a qualcuno, la tua diventa insignificante.
A controbilanciare questi protagonisti ci sono altri personaggi altamente irritanti e pericolosi. Tra di loro c’è Gwi-nam, un bullo impenitente che la situazione rende ancor più violento e implacabile. Aguzzino di Eun-ji, aumenta ulteriormente la propria rabbia avvantaggiato dalla situazione in cui non vigono più le regole che riuscivano, anche se parzialmente, a contenerlo. La sua versione femminile è rappresentata da Na-yeon, una ragazza ricca ed egoista (interpretata da Lee Yoo-mi, già apparsa in Squid Game), indolente verso gli altri, il cui terrore incontrollabile crea problemi agli studenti che sono con lei, i quali stanno tentando di controllare e arginare gli assalti dei morti viventi. Il suo atteggiamento sprezzante e arrogante, che anche quando sembra sulla strada del pentimento torna subito prepotente, mette tutti in pericolo e neanche l’intervento di una saggia insegnante potrà nulla.
Ci sono diversi pregi nella serie. La struttura narrativa muove i ragazzi come una coreografia molto elaborata, a blocchi che via via si dividono o si sfaldano, si ritrovano o si perdono definitivamente a causa del contagio. La costruzione è resa con grande cura ed efficacia, evidenziando differenze ed esasperando contrasti. Essendo molto giovani e perdendo il contatto con gli adulti, i protagonisti vengono messi nella condizione di sentirsi confusi su cosa sia giusto e cosa sbagliato, mettendo in dubbio anche la certezza più granitica. Ogni volta che qualcuno si infetta, chi gli vuole bene non trova il coraggio per eliminarlo, ma i tempi della trasformazione sono rapidi e la scelta tra sé e l’altro diventa straziante.
È inevitabile che ci siano anche dei difetti. Certe serie tv d’impatto come questa giocano spesso sull’esasperazione dello spettatore, che non trovandosi all’interno della storia e non tenendo conto dello spaesamento dei protagonisti vorrebbe saltare sulla sedia per sfinimento di fronte ad espedienti scorretti o per suggerire delle soluzioni ovvie, semplici ed evidenti. E qui in alcuni momenti si esagera alquanto, come nel caso dell’elicottero che va via senza accorgersi dei ragazzi sul tetto o quello della ragazza dalla forza sovrumana che non si adopera da subito in prima linea. Errori che sono dei veri peccati mortali perché facendone a meno la tensione non sarebbe calata, mentre in questo modo diminuisce la credibilità, già non facile da mantenere in un racconto di zombie.
Covid, il disagio psicologico dei ragazzi dopo due anni di pandemia: “Sono chiusi in se stessi e sempre più arrabbiati”. Gli aiuti a scuola? Pochi e frammentati – il Fatto Quotidiano, 6 febbraio 2022
Non si percepisce immediatamente, ma la drammaticità di questa storia aderente alla realtà che stiamo vivendo è notevolmente scioccante. L’evidente parallelo col coronavirus è solo portato a un livello più alto. Il che ha certamente aumentato l’interesse verso la serie, scatenando un passaparola, è il caso di dirlo, virale. Il modo in cui il virus ha cambiato per sempre le nostre prospettive di vita si sta già ripercuotendo in maniera sostanziale tra i più giovani, esasperati dalle limitazioni proprio nel momento in cui la scoperta della libertà è al centro di ogni loro interesse. Accanto a questo, la serie è ricchissima di temi, che affronta e sviluppa dignitosamente all’interno di una cultura molto rigida, quella coreana, che si scontra con il suddetto bisogno di libertà degli adolescenti, qui ritratti come naufraghi sperduti in un oceano fatto dell’indifferenza degli organi governativi e dell’abbandono involontario dei genitori. La crudeltà è la presenza costante, un personaggio aggiunto che si ciba delle speranze dei protagonisti, che anche quando non vane non trovano approdo su un esito rassicurante e definitivo. E poi i contagiati asintomatici che non si sa quanto possano essere pericolosi o meno, la forza di volontà, la fame, la legge del più forte, la metafora del gatto col topo, la ragazza vessata che non vuole più vivere in un mondo in cui vincono i bulli, la legge marziale che blocca le comunicazioni e impedisce l’agognata salvezza, l’onore tipico della cultura orientale. Ogni tassello viene composto nella giusta posizione e con lo spazio necessario ad essere esperito in più di una forma, sostenendo la trama con efficacia e pathos.
Perché guardare la prima stagione di Non siamo più vivi?
Perché le trame si intersecano con maestria e padronanza e la genuinità dei personaggi rende la storia molto accattivante e realistica, nonostante alcune sbavature evitabili. Gli episodi appassionano per una certa spontaneità non scontata nel comportamento dei ragazzi accostata alla risolutezza, non sempre immediata, con cui devono operare per non essere sopraffatti. Non si sa ancora nulla circa un possibile seguito, ma l’enorme successo riscontrato e le trame lasciate aperte nel racconto fanno presupporre una naturale prosecuzione, si spera con qualche furbizia in meno. Una seconda stagione sarebbe utile per comprendere i segni lasciati sui vari personaggi e in che modo il loro essere sopravvissuti possa ancora avere una sua utilità e soprattutto un senso.
VALUTAZIONI
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 7 Potenziale 8
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO
visione
Intrattenimento 8 Senso 7 Qualità 8
Giudizio Complessivo 7,8
Non siamo più vivi | stagione 1 (Jigeum uri hakgyoneun)
horror, drammatico | Corea del Sud | 28 gen 2022 | 12 ep / 60 min | Netflix
ideatori Lee Jae-kyoo, Chun Sung-il, Kim Nam-su
personaggi interpreti
Nam On-jo Park Ji-hu
Lee Cheong-san Yoon Chan-young
Choi Nam-ra Cho Yi-hyun
Lee Su-hyeok Park Solomon
Yoon Gwi-nam Yoo In-soo
Lee Na-yeon Lee Yoo-mi
Lee Byeong-chan Kim Byung-chul
Song Jae-ik Lee Kyu-hyung
Nam So-ju Jeon Bae-soo
critica IMDb 7,6 /10 | Rotten Tomatoes critica 7 /10 utenti 4,2 /5 | Metacritic critica 67 /100 utenti 6,7 /10
camera Arri Alexa Mini LF, Arri Signature Prime Lenses
aspect ratio 1,78 : 1 4K
Similar Post You May Like
-
Monterossi | stagione 1 | la recensione
Due gialli tratti dai romanzi di Alessandro Robecchi, adattati più per una televisione canonica... »
-
Ozark | stagione 4 parte 1 | la recensione
La prima metà del finale della serie Netflix prosegue nella ricerca di una qualità che non... »
-
After Life | stagione 3 | la recensione
Si chiude con la terza stagione l'ottima serie nata dalla fervida e cinica mente di Ricky Gervais,... »
-
Incastrati | stagione 1 | la recensione
La prima serie tv diretta da Ficarra e Picone per Netflix scorre piacevolmente, contrapponendo... »
-
La ruota del tempo | stagione 1 | la recensione
Nonostante alcuni difetti, la serie Amazon tratta dai romanzi di Robert Jordan evoca un universo... »
-
Hawkeye | la recensione della miniserie
La serie sull’arciere Marvel è inaspettatamente bella, ricca d’ironia, azione e senso profondo,... »