Better call Saul | stagione 6 p 2 | la recensione
Stagione 6 Parte 2 | Gli ultimi sei densissimi episodi della serie cult di Vince Gilligan e Peter Gould la rendono oltre che spin-off e prequel, anche crossover e sequel di Breaking Bad. Con un finale incredibilmente cesellato portato da una perfezione recitativa, fotografica e narrativa difficilmente eguagliabile.
Dopo l’omicidio di Howard, Lalo costruisce la vendetta verso Gus usando Jimmy e Kim, mentre Mike fa sempre più fatica a proteggere il titolare di Los Pollos Hermanos. La morte dell’avvocato viene fatta passare per suicidio, nonostante le proteste della moglie Cheryl che non può accettare il pensiero che Howard si sia tolto la vita e che abusasse di sostanze stupefacenti. Nel futuro troviamo Jimmy su due piani temporali. Quello in cui si ritrova immischiato negli affari di Walter e Jesse e quello successivo in cui lavora per il ristorante Cinnabon continuando ad architettare truffe di vario genere. Quello che non si sa ancora è che fine abbia fatto il suo rapporto con Kim e soprattutto perché.
La seconda parte dell’ultimo capitolo dello spin-off di Breakin Bad (qui la recensione della stagione 6 parte 1) parte in maniera agghiacciante ma sempre con un tono leggero di contrasto. La quasi pittoresca e poetica messa in scena del suicidio di Howard Hamlin che avevamo lasciato privo di vita alla fine dei primi sette episodi. Da questo punto drammatico e cruciale si sviluppano gli eventi che porteranno a conclusione Better call Saul. Ciò che impressiona è che il finale di serie è talmente articolato e denso da rischiare in diversi momenti di non trovare un raccordo degnamente esaustivo. Ma così non è.
I piani temporali sono tre: la linea principale che prosegue il racconto degli episodi precedenti, gli incroci significativi con la serie madre e i suoi due personaggi emblematici, e ciò che avviene dopo la fine di Breaking Bad narrato in un delizioso bianco e nero di cui avevamo avuto più di un assaggio lungo le stagioni precedenti. Il montaggio muove i numerosi fili in maniera apparentemente disordinata, gettando qua e là i semi di qualcosa che diverrà molto vasto e deflagrante quasi senza che ci se ne accorga. Questa iniziale lentezza spiazza lo spettatore ma contemporaneamente lo lascia avvinto tra le affascinanti spire affabulatorie di Jimmy che in ognuna delle linee temporali riesce a catturare tutti i sensi in un avvicendarsi di colpi di scena sempre più al rialzo. E più si va avanti nella visione, più si fa fatica a interromperla, perché già dalle miniature di Netflix si evince che qualcosa di ancor più potente sta per arrivare.
Tu non riesci a comprendere. È davvero un ottimo gelato.
Jimmy non è un semplice truffatore, è un mago, un artista della truffa, un illusionista che distrae gli astanti da ciò che dovrebbero tenere d’occhio per non farsi fregare. Insieme a Kim compone una coppia di truffatori a tempo perso, non professionisti ma non per questo poco abili, specialmente per i tanti colpi messi a segno per puro divertimento nelle passate stagioni. Ma stavolta qualcosa inevitabilmente si rompe. Le conseguenze di quello che sta succedendo non possono essere ignorate e iniziano a ripercuotersi nelle vite dei due avvocati. Fino a quando l’amarezza di Jimmy lo muove verso gesti che neanche lo spettatore più affezionato può approvare. Un grandissimo punto a favore perché mostra che le mire della serie non sono certo a conquistare chi guarda coi buoni sentimenti, rendendo in questo modo i protagonisti umani e per questo fallibili se non, volontariamente o meno, scorretti. Una storia sporca e cattiva esattamente come quella da cui questa costola si è staccata. Com’era già capitato in passato (particolarmente col fratello Chuck, che qui torna in una sola emblematica scena) il cinismo prende il sopravvento sulle speranze di Jimmy trasformandolo definitivamente nel suo alter ego kitsch e privo di grossi scrupoli Saul Goodman, che nel nome reca il più grosso degli inganni da lui perpetrati.
Come in un buon libro, in Better call Saul all’importanza per i dialoghi viene anteposta quella per gli spazi in cui avvengono i fatti. Descritti in maniera essenziale ma minuziosa, in questo capitolo esercitano ancora una volta un fascino che fa scorrere più velocemente ogni episodio con la gradevolezza di un tempo passato a compiere la più dilettevole delle attività. Una scelta che piuttosto che svilire le battute dei personaggi le eleva, asciugandole da passaggi banali che si possono invece cogliere anche solo nelle espressioni invece che tramite la voce. Una delle più importanti magie, è il caso di dirlo, sta proprio nel fatto di limitare gli scambi verbali regalando loro non una diminuzione ma un privilegio.
Via via che ci si avvicina al finale, gli episodi diventano sempre più densi. Il montaggio procede per piccoli passi, pesantissimi, portando lo spettatore sulle montagne russe ma al rallentatore, su cui in alcuni momenti pare di perdersi a causa di frammenti esposti senza che se ne veda la fine, al punto di arrivare a pensare che gli autori abbiano smarrito la strada, dimostrandosi pretenziosi e artificiosi. Salvo poi trovare le chiusure più avanti con uno stile clamorosamente magnifico. Una scena dell’ultimo (munifico) episodio rimanda al primo di Breaking Bad. Ma non temporalmente, nel senso che non vediamo il professore alle prese con la sua vita mediocre e disperata. Le motivazioni che hanno condotto Walt a diventare Heisenberg sono sepolte nelle sue parole scambiate con Jimmy, il che crea immediatamente un’insana voglia di ricominciare a guardare da capo la serie con Bryan Cranston e Aaron Paul. Uno scambio che rappresenta il perfetto incastro di uno degli ultimi pezzi di un puzzle multiforme e dalla difficile soluzione.
Nonostante qualche sbavatura evitabile (come la camera di sorveglianza bypassata da Lalo per una svista), la potenza narrativa di questa serie esplode letteralmente negli ultimi sei episodi con un finale da applausi per giustezza, coerenza, sofferenza, espiazione e conclamato amore, quest’ultimo sia tra i personaggi che da parte di tutta la troupe nella incredibile capacità di racconto. Dover dire addio a Better call Saul è se possibile ancora più difficile rispetto al 2013 quando si chiuse Breaking Bad. Perché stavolta per tornare in questo universo ci vorranno diversi anni a detta dei suoi creatori. Non possiamo che augurarci che arrivino nuovi progetti firmati Gilligan e Gould che hanno già dichiarato che per pensare a qualcos’altro che graviti attorno all’universo di Breaking Bad dovrà passare del tempo in cui si dedicheranno a progetti diversi da questo. Che resterà nella memoria collettiva come l’evoluzione di una delle serie più imponenti della serialità televisiva, una crescita che sette anni fa nessuno poteva ritenere possibile.
VALUTAZIONI
dal trailer all’intera serie
Aspettativa 9 Potenziale 10
soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIA Impegno MEDIO/ALTO
visione
Intrattenimento 10 Senso 10 Qualità 10
Giudizio Complessivo 10 e lode
Better call Saul | stagione 6 parte 2
drammatico, thriller, sentimentale | USA | 11 lug - 15 ago 2022 | 6 ep / 57 min | Netflix
ideatori Vince Gilligan, Peter Gould
personaggi interpreti
James "Jimmy" McGill / Saul Goodman Bob Odenkirk
Kimberly "Kim" Wexler Rhea Seehorn
Michael "Mike" Ehrmantraut Jonathan Banks
Eduardo "Lalo" Salamanca Tony Dalton
Hector Salamanca Mark Margolis
Gustavo "Gus" Fring Giancarlo Esposito
Cheryl Hamlin Sandrine Holt
Clifford Main Ed Begley Jr.
Manuel Varga Juan Carlos Cantu
Francesca Tina Parker
Jeff Pat Healy
Marion Carol Burnett
Walter White Bryan Cranston
Jesse Pinkman Aaron Paul
critica IMDb 9,4 /10 | Rotten Tomatoes critica 94 /10 utenti 4,7 /5 | Metacritic critica 95 /100 utenti nd
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Commenti (6)
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concordo pienamente, assolutamente al top
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Serie bellissima, anche se qualche episodio di questa seconda parte l'ho trovato inutilmente lungo, ad esempio quella dei furti al centro commerciale.
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In pieno stile americano il finale è [I][U]insopportabilmente moralistico[/U][/I], il personaggio Saul viene accompagnato in una sorta di discesa all' inferno in cui si perde completamente il senso di grandezza che mai era mancato nemmeno nelle sue imprese più disoneste come per ammonire lo spettatore che fino a quel punto si è scherzato e che non rispettare le regole della società porta inevitabilmente a sprofondare nel fango.
Negli ultimi minuti lo spettatore viene fatto affogare in una insopportabile melassa sentimentale
[spoiler]l' amore e l'ammirazione di Kim valgono più della libertà stessa, non gli resta quindi che espiare le sue colpe non perché i suoi trucchi non siano più efficaci ma per sentire almeno da lontano che il cuore dell' amata batte ancora per lui.[/spoiler]
Al netto della lentezza delle ultime puntate e del tentativo degli autori di rimangiarsi il senso epico che ha pervaso tutta la serie, sempre in bilico tra pura disonestà e ribellione al sistema, resta una delle migliori serie mai realizzate. -
Certo che sono proprio una chicca i tuoi post da criticone a tutti i costi.
Passi per quel delirante post su westworld che è una serie che difficilmente accontenta tutti ma qui proprio no, di melenso non c’è proprio nulla e questo è l’epilogo che il personaggio meritava. -
In molti indicano la lunghezza di qualche episodio. Io ricordo addirittura una intera stagione dove non era successo praticamente nulla.
Per questo giudico la serie bellissima, ma non perfetta. E Breaking Bad sempre davanti, anche se anche là ogni tanto si dilungava inutilmente (ricordo la puntata di Walter e la mosca... troppo lento rispetto al resto). -
Diciamo che fare un intero episodio sul furto al centro commerciale sposta poco o nulla la trama principale ed il destino del protagonista, sinceramente l'ho trovato un episodio che puoi tranquillamente saltare senza perderti nulla della trama della serie. Così come l'episodio della mosca in breaking bad, se lo salti non ti perdi nulla nello svolgimento della storia.