The Handmaid's Tale | stagione 5 | recensione

Fabrizio Guerrieri 24 Novembre 2022 Cinema, Movie e Serie TV

Mentre June si gode un iniziale stato di ebbrezza per la vendetta compiuta, che lascia spazio al dolore per non aver ancora riportato a casa la piccola Hannah, Serena cerca di affermarsi perché incinta e venerata da molte persone che la vedono come un esempio. Il loro inevitabile scontro sta per deflagrare.


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Dopo l’assassinio di Fred Waterford, June cerca di far desistere le altre sue complici, ex ancelle, dal vendicarsi dei propri precedenti aguzzini. Il suo iniziale stato di ebbrezza, soddisfazione e liberazione lascia ben presto spazio al dolore per non aver riportato a casa la piccola Hannah, tenuta ancora a Gilead. Serena fa in modo di organizzare i funerali del marito in pompa magna, contro il parere dei comandanti che lo ritengono un traditore e preferirebbero un rito in sordina. Rimasta vedova, la donna non ha più alcuna voce in capitolo sulle decisioni che possono essere prese nonostante sia incinta e venerata da molte persone che la vedono come un esempio. Ma il suo desiderio di rivalsa su June è sempre più evidente e violento, così come June vorrebbe vederla morta trovando conforto sia nel marito Luke che in Mark Tuello il quale cerca di mediare con Gilead perché le cose possano tornare a una parvenza di normalità. Ma le comunicazioni col comandante Lawrence restano complesse e neanche l’intervento di Nick, ancora innamorato di June, ricambiato, sembra poter sortire l’effetto sperato. Ma qualcosa tra le maglie del potere inizia a rompersi quando Serena viene portata da una famiglia benestante in Canada che si prende fin troppo cura di lei e della sua gravidanza, mentre a Gilead zia Lydia esige rispetto per le sue ancelle scontrandosi con un comandante che pretende di poter fare di una di loro qualsiasi cosa voglia, fino a soddisfare i più bassi istinti.


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Ha bisogno di noi.
Tratta dal romanzo omonimo della pluripremiata scrittrice canadese Margaret Atwood, The Handmaid’s Tale continua a non perdere la qualità che l’ha contraddistinta fin dall’esordio. L’escalation di rabbia interrotta alla fine del capitolo precedente (qui la nostra recensione della quarta stagione) col regolamento di conti su Waterford continua a crescere laddove la spesa di energie di chiunque altro avrebbe ceduto il passo alla ricerca di una meritata serenità. Impossibile da raggiungere se prima non pagheranno tutti i colpevoli, ma soprattutto non verrà liberata fino all’ultima bambina rapita. La vendetta è un piatto che va servito freddo, recita un adagio. Ma qui non si tratta di quando, piuttosto di come e perché. Perché così come l’attesa consuma, il bisogno di rivalsa acceca, rischiando di rovinare la già precaria possibilità di raggiungere il traguardo.


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- La paura può essere molto pericolosa.
- Serena sarà sempre pericolosa.

June brucia. Brucia instancabilmente come un fuoco inestinguibile, di una rabbia inequivocabile. Il primo episodio si apre sullo scorrere delle dolci note di All I have to do is Dream degli Everly Brothers mentre il suo sorriso campeggia con un grado di soddisfazione altissimo, segno che quella rivalsa nei confronti di chi ha abusato a più riprese di lei, sostenuto da un sistema folle e arrogante, a qualcosa è valsa. Un episodio che nasce dalla violenza per culminare nella più tenera commozione. Ed è da qui che le cose prendono la piega attesa a lungo: la sfida a due tra June e Serena, entrambe libere da Fred, ognuna a suo modo.


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Gilead è l’unico Paese al mondo ad aver avuto un aumento delle nascite.
Ogni parola di Serena risuona come la più deprecabile delle infamie, come se la sua coscienza rispondesse a qualcosa di perfetto ma che in realtà cela un abominio. La sua convinzione fa paura ma un po’ alla volta, nella sua sfida a June, viola tutta una serie di regole che il suo Dio le impone, prima fra tutte la mancanza di orgoglio, che può portare al peccato capitale della superbia. Serena è parte di un mondo dominato dagli uomini ed essendo molto forte e determinata, non rappresenta esattamente la figura di donna voluta a Gilead. Vederla soffrire nel subire il trattamento che lei stessa ha riservato ad altre è un sottile piacere perverso. La privazione della libertà, per una volta a spese di una “moglie”, rappresenta quel contrappasso necessario al racconto per rendersi ancora più denso e potente, mostrando l’altra faccia della medaglia a chi si trovava in posizione di apparente vantaggio. Ma non sarà la sola a subire un certo trattamento, qualcun altro pagherà cara la propria empietà, in un crescendo degno della tessitura del Bolero di Maurice Ravel.


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Non esiste una linea che divide i buoni dai cattivi. I personaggi chiave passano da una sponda all’altra in maniera impercettibile, lenta, fino a ritrovarsi a volte dove avrebbero sempre dovuto essere, altre sempre più verso la strada che porta all’inferno lastricata di buone intenzioni. Il comandante Lawrence continua nel suo essere ambiguo, diviso tra ciò che sarebbe corretto fare e ciò che è suo dovere seguire, accecato dalla possibilità di mettere riparo, non tanto ai danni che il suo essere l’architetto di Gilead ha generato, quanto a un perdono postumo da parte della moglie suicida, quantomeno agli occhi dei giusti come June. Janine pur di stare vicino a sua figlia continua a subire la vita da ancella, riuscendo però ad avere un ascendente su Zia Lydia che inizia a comprendere ma è in netto ritardo con le decisioni che una coscienza avrebbe dovuto guidarla a prendere, ci prova ma è fuori tempo massimo. Soprattutto quando accade qualcosa di assolutamente oltraggioso, si rende conto che c’è qualcosa che non ha mai funzionato.


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Il nuovo ingresso di Esther (dalla scorsa stagione) è molto valido e potente nonostante il suo ruolo sia relegato a secondario. Il suo personaggio spezza le catene, la sua giovane età le dà una spregiudicatezza invidiabile che se da un lato cozza completamente con la possibilità di ottenere un trattamento di minimo favore a Gilead, dall’altro rappresenta un faro ribelle nel buio totalizzante. Nick ama ancora June ma si ritrova perennemente con le mani legate da varie congiunture che lo frenano interiormente. È tra i pochi che possono davvero mettere in piedi un piano per destabilizzare il potere costituito, ma per farlo deve agire con costanza e cautela. Insieme a Tuello, che costituisce il miglior strumento di comunicazione tra le due fazioni. In tutto questo, Luke fa di tutto per resistere e supportare June, provando a tenere a bada i suoi costanti sensi di colpa per non essere stato accanto alla moglie nel tempo in cui era tenuta prigioniera.


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Anche tecnicamente la serie prosegue con una qualità difficile da raggiungere. La cura nello scegliere le inquadrature è eccezionale, mai scontata, così come il montaggio dona un ritmo cadenzato rendendo gli episodi scorrevoli e gustosi. I diversi flashback che attraversano a ritroso i momenti cardine della storia, quelli che riportano June in tempi e luoghi che non dimenticherà mai, sono puntuali, forti e interessanti nonostante la discesa agli inferi che raccontano. La sceneggiatura attraversa ogni sensazione grazie a una messa in scena composita, passando dalla delizia di un’agognata vendetta alla crudezza del bisogno di ulteriore violenza, dalla spietatezza di un microcosmo fuori dal mondo alla sorpresa nel veder cambiare anche una singola prospettiva, dalla freddezza del calcolo politico alla tenerezza del desiderio di una madre di riabbracciare la propria figlia.


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A un certo punto accade qualcosa che mischia completamente le carte, qualcosa le cui conseguenze generano una serie di reazioni a catena dagli esiti tutt’altro che prevedibili o controllabili. L’ultima scena mette letteralmente i brividi e traghetta la serie verso un prossimo capitolo ancor più diverso dai precedenti con sviluppi del tutto imprevedibili dovuti alle mutazioni di determinate questioni e soprattutto di alcuni personaggi. Anche perché la sesta sarà l’ultima stagione e tutti nodi in un modo o nell’altro dovranno venire al pettine e chiudersi nella maniera più risolutiva e piena di liberazione possibile.

Nota: per chi volesse recuperarle, oltre che su TimVision, le prime quattro stagioni sono disponibili anche Amazon Prime Video.


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VALUTAZIONI

prima della visione
Aspettativa 8 Potenziale 9,5

dopo la visione
Intrattenimento 9 Senso 9 Qualità 8
Giudizio Complessivo 8,8

soglia d’attenzione
Scorrevolezza MEDIO/ALTA Impegno MEDIO

The Handmaid's Tale | stagione 5
drammatico | USA | 15 set - 10 nov 2022 | 10 ep / 48 min | TimVision

ideatore Bruce Miller

personaggi interpreti
June Osborne Elisabeth Moss
Serena Joy Waterford Yvonne Strahovski
Luke Bankole O. T. Fagbenle
Moira Strand Samira Wiley
Nick Blaine Max Minghella
Rose Blaine Carey Cox
Mark Tuello Sam Jaeger
Joseph Lawrence Bradley Whitford
zia Lydia Clements Ann Dowd
Janine Lindo Madeline Brewer
Esther Keyes Mckenna Grace
Naomi Putnam Ever Carradine
Warren Putnam Stephen Kunken
Rita Blue Amanda Brugel
Emily Malek Alexis Bledel
Alanis Wheeler Genevieve Angelson
Ryan Wheeler Lucas Neff
Ezra Shaw Rossif Sutherland
Hannah Bankole Jordana Blake

critica IMDb 7,9 /10 | Rotten Tomatoes critica 7,5 /10 utenti 1,9 /5 | Metacritic critica 63 /100 utenti nd

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Commenti (1)

Gli autori dei commenti, e non la redazione, sono responsabili dei contenuti da loro inseriti - Info
  • marklevi

    13 Dicembre 2022, 18:54

    Si continua su livelli altissimi.

    Yvonne Strahovski è stata clamorosa. Gli devono dare un premio.

    Per fortuna che hanno deciso di chiudere con la prossima stagione perchè ho quasi l'impressione che la traiettoria della trama si stia arenando.. vanno di qua e poi di la e tornano a metà e rivanno di la ...etc... troppi girotondi da certi personaggi come se non ci fosse sorveglianza.

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