La sposa cadavere

Alessio Tambone 18 Novembre 2005 Cinema, Movie e Serie TV

Tim Burton torna nelle sale italiane con la nuova favola La sposa cadavere e lo fa a modo suo, richiamando le proprie origini di animatore stop motion. Ecco il giudizio di AVMagazine

La sceneggiatura e la regia

Il soggetto del film è stato tratto da un'antica fiaba ebreo-russa ed è stato sceneggiato, molto liberamente, da Pamela Pettler, Caroline Thompson (Nightmare before Christmas, Buddy - Un gorilla per amico) e John August (Big fish - Storie di una vita incredibile, La fabbrica di cioccolato).

Anche se lascia qualche perplessità su alcune scelte effettuate (l'assassino della sposa cadavere e la sua ascesa finale, compresa ma non spiegata) il lavoro è comunque buono. Il nuovo positivismo finale di Burton traspare anche in questo lavoro, confermando il suo "ammorbidimento" rispetto ai tempi di Edward mani di forbice. Da segnalare un paio di scene particolarmente riuscite come il ritrovamento del cane ("Fai il morto....") o le due scene al pianoforte.


Victor e la sposa cadavere seduti al pianoforte

Dell’animazione stop motion amo la tattilità” dice Burton. “C’è qualcosa di meraviglioso nell’essere in grado di toccare fisicamente i personaggi e farli muovere, e veder esistere il loro mondo. E’ simile alla realizzazione di un film dal vivo, ma se fai tutto con il bluescreen non ti dà la sensazione di essere veramente lì, come invece fa il processo di stop motion".

E' una vera dichiarazione d'amore quella che Burton dedica all'animazione stop motion. L'ideatore di Nightmare before Christmas, altro grandissimo successo stop motion del 1993, questa volta prende direttamente in mano la macchina da presa, aiutato dall'amico Mike Johnson. Ben realizzata la scena di apertura, che sfrutta pienamente le possibilità offerte dalla stop motion e dall'uso della macchina da presa montata su un supporto basculante. Un lungo piano sequenza inizia con una carrellata in avanti che, superata la finestra, si trasforma in un lungo travelling di presentazione della città.

Per quasi tutta la durata del film le riprese si mantengono in soft focus, accentuando di fatto la verosimiglianza delle scene. Effetto ben riuscito grazie anche ai numerosi movimenti della macchina da presa, che utilizza spesso carrellate e dolly. Jonathan Lucas, al suo esordio cinematografico come responsabile del montaggio, raccorda bene le varie scene utilizzando dissolvenze in nero.

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