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Joker
Joker
“Un regista da commedie di successo, un interprete che più volte ha sfiorato l'Oscar e una colonna sonora puntuale creano un capolavoro unico che accresce la grandezza di un personaggio iconico. Perché nonostante irriti, affascina restando scolpito nella storia del fumetto e del cinema di tutti i tempi.”
Pagina 1 - La recensione di Fabrizio Guerrieri


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1981, Gotham City. Arthur Fleck è un pagliaccio che ambisce a diventare cabarettista come il suo idolo televisivo Murray Franklin. Soffre di un disturbo che gli provoca risate incontrollabili. Vive con la madre Penny e ha un debole per Sophie, la sua vicina di casa. In poco tempo si ritrova senza lavoro e senza assistenza sociale. Inizia così un percorso verso l’inferno in cui perderà ogni punto di riferimento fino a trasformarsi in un folle assassino diventando al contempo un esempio per tutti i reietti che si identificano in lui.

disturbato agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di disturbare]. – 1. agg. Che subisce molestia o disturbi. 2. Affetto da disturbi psichici. (fonte: Treccani)

Il film si apre sul primissimo piano della faccia di Arthur che ride. Sembra che lo stia facendo per un motivo, poi il viso imperterrito dell’assistente sociale davanti a lui fa capire che c’è qualcosa che non va. Abbiamo di fronte un uomo con un problema, che lo porta a infastidire gli altri ma anche ad attirare e stimolare l’ingiustificato sfogo di bulli più o meno cresciuti...

squilibrato agg. e s. m. (f. -a) [part. pass. di squilibrare]. – Che non è o non è più in equilibrio, che non è equilibrato. In partic., riferito a persona in cui è venuto meno il normale equilibrio psichico, o anche morale. (fonte: Treccani)

Arthur vive una realtà difficile ma sembra riuscire a farvi fronte grazie agli incontri di sostegno psicologico (in cui dice "È che non voglio stare più così male"), ad un lavoro anche se precario, a una madre che seppur fragile è un punto di riferimento per lui importante e al pensiero di poter trovare l’amore. Poi davanti a lui tutto si sgretola, un pezzo per volta. La realtà che aveva creato attorno a sé per sopravvivere dignitosamente incontra e si scontra con diverse amare verità e da qui la sua vita devia in maniera incontrollabile.


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Una delle cose che stupisce maggiormente del film è il passato del regista Todd Phillips che non viene affatto da un percorso di film impegnati. Suoi sono infatti i successi commerciali di varie commedie (da Road trip alla trilogia di Una notte da leoni). In un sol colpo è arrivato al Leone d’oro a Venezia con un film in cui a ridere non è mai lo spettatore. La risata qui assume un significato totalmente opposto. Ci sono due piani precisi da prendere in considerazione, quello interno al film e quello che riguarda gli spettatori: nel film si ride spesso, in sala mai. Il disturbo del protagonista (la madre lo chiama Happy) che lo porta a ridere quando è teso gli causa avversità piuttosto che simpatie. Chi ride di lui anche se bonariamente finirà male perché Arthur non distingue più chi gioca con lui rispetto a chi gli ha fatto del male. Ed è qui che avviene la trasformazione. Murray che Arthur stima, gli dà ironicamente un nome da racconta-barzellette. Quando poco dopo lo invita in studio Arthur decide che sarà quello il suo nuovo nome: Joker. Ciò che prima ha preso in odio viene traslato in arma contro il mondo. Esattamente come Bruce Wayne farà alcuni anni dopo prendendo il nome del suo alter ego Batman dalla sua paura più grande: i pipistrelli. La maschera di Joker diventa per Arthur lo schermo dietro cui celarsi per non avere più paura di ciò che lo circonda.


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Uno dei punti di maggior forza del film viene anche dalla colonna sonora realizzata dalla violoncellista Hildur Gudnadottir (che stava contemporaneamente lavorando alla pregevole serie tv Chernobyl). Ogni ingresso musicale supporta perfettamente ciò che avviene. Una scena per tutte è quella di Arthur che inizia una danza macabra nei bagni della stazione, con la macchina da presa che si muove tra i suoi piedi e sulle sue braccia mentre le note che sono nella sua testa avvolgono e invadono letteralmente lo spettatore. Grazie alle musiche l’alienazione si fa largo pian piano in chi guarda, che non può fare a meno di entrare in contatto, anche se non senza fatica, con un personaggio che parte vittima e sceglie di diventare carnefice.


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Ci sono un paio di raffronti interessanti con altrettanti film precedenti.

Il primo è con Re per una notte che è stato uno dei tre film di Scorsese da cui il regista ha tratto ispirazione. Rupert Pupkin (Robert De Niro) sogna di diventare comico, rapisce il suo idolo Jerry Langford (Jerry Lewis) col ricatto di ucciderlo se non lo faranno partecipare al suo show. Ci riesce diventando star per una sola notte e subito dopo finisce in galera. Ma quando esce si gode il successo grazie alla vendita della sua autobiografia. Qualche trauma ma nessun morto. Qui Rupert è diventato Murray. Che incontra Arthur, quasi un nuovo sé stesso, ma il finale è ben altro. E dire che l’intento iniziale di Joker sarebbe stato il suicidio come si evince dalla frase scritta sul taccuino "Spero solo che la mia morte abbia più senso della mia vita". È come se il regista e sceneggiatore ci dicesse che ciò che una volta poteva iniziare male ma avere un lieto fine, di questi tempi, tempi di sempre maggiore intolleranza, approderà a qualcosa di mostruoso e definitivo.


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Il secondo raffronto è col Batman di Tim Burton. In un flashback Bruce Wayne ricorda che è stato Joker a uccidere i suoi genitori quando era ancora un bambino. Indelebile la frase “Hai mai danzato col diavolo nel pallido plenilunio?”. Qui invece l’assassino è un seguace del clown. Il messaggio è chiaro: questo Joker è ancora più potente del precedente perché uccide senza farlo direttamente, esattamente come faceva Charles Manson.

Il Joker di Todd Phillips è un mostro creato dalla società in cui vive. Non si può non odiarlo ma solo dopo essere entrati in empatia con lui. Per questo è un capolavoro potente e inquietante: perché alla fine nessun personaggio può dirsi buono e quindi salvo. Nessuno compreso lo spettatore.

La pagella artistica secondo Fabrizio Guerrieri

Regia 10,0
Sceneggiatura 9,0
Fotografia 9,0
Musiche 10,0
Film 9,0

Joker
drammatico, thriller | USA | 2019 | 123 min

regia Todd Phillips | sceneggiatura Todd Phillips, Scott Silver | fotografia Lawrence Sher | musiche Hildur Guðnadóttir

personaggi | interpreti

Arthur Fleck / Joker | Joaquin Phoenix
Murray Franklin | Robert De Niro
Sophie Dumond | Zazie Beetz
Penny Fleck | Frances Conroy
Thomas Wayne | Brett Cullen
Randall | Glenn Fleshler
ispettore Garrity | Bill Camp
ispettore Burke | Shea Whigham
Gene Ufland | Marc Maron
Alfred Pennyworth | Douglas Hodge
Gary | Leigh Gill
Hoyt Vaughn | Josh Pais
Carl | Brian Tyree Henry
Bruce Wayne | Dante Pereira-Olson

critica | IMDB 9.0 (su 10) | Rotten Tomatoes 7.3 (su 10) | Metacritic 58 (su 100)

incasso $ | 281 MLN (budget 55 MLN)

camera Arri Alexa 65, Alexa LF, Alexa mini, Hasselblad Prime DNA Lenses | formati 35 mm (spherical) (Kodak Vision 2383) - 70 mm (Kodak Vision 2383) - IMAX Digital - D-Cinema 4K - Dolby Vision | aspect ratio 1.85 : 1 | formati audio SDDS - Dolby Atmos - Datasat - Dolby Digital

 

Pagina 2 - La recensione di Alessio Tambone


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Joker sbarca nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, anticipato da un clamoroso Leone D’oro come Miglior Film alla 76° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e da settimane di intense polemiche dovute alla tipologia del personaggio.

Pronti, partenza, via. Incassi worldwide da capogiro (superati già i 100 milioni di dollari, per un budget stimato di 55) e un potente passaparola sui social che sottolinea l’assoluta validità del progetto. La storia di questo Joker è la storia di Arthur Fleck, delle sue difficoltà con la società, dei suoi problemi. E’ la storia di un personaggio che, se lo incontri per strada, ci passi oltre. A volte anche sopra. E’ la sua storia, la storia del diventare Joker.


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Una narrazione pervasa della mitologia tradizionale del personaggio DC, ma in qualche modo profondamente distante dal mondo del fumetto. Assolutamente reale e possibile, la trasformazione del Joker viene raccontata nelle origini, cosa mai fatta al cinema, approfittando di un mancato canonico inizio formale del personaggio.

Grande prova di Joaquin Phoenix nei panni del protagonista. Un’interpretazione eccellente, fisica (ha perso 25 chili) ma soprattutto psicologica, con una risata incredibile, isterica, stridula e sguaiata allo stesso tempo, con un suono - lasciato originale del doppiaggio - che vi accompagnerà ben oltre l’uscita dalla sala.

Phoenix questa volta merita l’Oscar, sfiorato per ben tre volte in passato: nel 2000 con Il gladiatore (poi vinto da Benicio Del Toro per Traffic), nel 2006 con Quando l’amore brucia l’anima - Walk the line (poi vinto da Philip Seymour Hoffman per Truman Capote - A sangue freddo) e nel 2013 con The Master (poi vinto da Daniel Day-Lewis per Lincoln).

Nel primo terzo del film, c’è un lungo primo piano di Phoenix che si esibisce in una serie di cambi di espressione - dal vago al divertito al sorpreso all’appagato - che da sola vale l’intero prezzo del biglietto.

L’attore di Puerto Rico è stato tra l’altro profondamente coinvolto nella pre-produzione del film. Co-autore della sceneggiatura, ideatore di alcune delle trovate più geniali della pellicola (dalla risata all’assurdo ballo messo in scena da Arthur Fleck), ha personalmente anche redatto il diario del protagonista, che contiene scritti, disegni, e fantasie che diventano parte integrante del film (tra l’altro localizzati in diverse lingue).

Tralasciando la piccola parte di Jared Leto in Suicide Squad, il Joker cinematografico si arricchisce di un nuovo importante tassello accanto alle interpretazioni di Jack Nicholson e Heath Ledger. Joker diversi, non meno riusciti, assolutamente non paragonabili con questa versione, ma che descrivono una meravigliosa parabola narrativa per uno dei villain più amati, che probabilmente ha raggiunto il suo apice cine-narrativo.


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Menzione particolare per la rivelazione Todd Phillips, la cui filmografia come regista portava in dote pellicole come Road Trip, Old school, Parto con folle e la trilogia di Una notte da leoni. Commedie, anche demenziali, alcune tra l’altro assolutamente riuscite, ma per le quali non si può immaginare un confronto più lontano rispetto a questo Joker drammatico, psicologico, sporco e così dannatamente verosimile.

Un progetto assolutamente ben orchestrato, con citazioni geniali e più o meno esplicite: Taxi driver e Re per una notte (tra l’altro c’è anche Robert De Niro nel cast) su tutte, oltre a un bellissimo omaggio a Tempi moderni di Charlie Chaplin. Da guardare con gli occhi e la mente di Arthur Fleck.

L’altra protagonista è una magnifica Gotham City dei primi anni ’80, ispirata a una New York decadente senza un vero retroscena criminale in atto, ma nutrita giorno dopo giorno da crescenti disparità sociali, tensioni e agitazioni, disfunzionalità (è in corso uno sciopero dei netturbini) che portano all’esasperazioni dei cittadini e al trovare nella maschera del Joker un simbolo di lotta ai poteri forti.

Tutto è reale: le riprese sono state effettuate tra alcuni quartieri di New York e del vicino New Jersey, arricchiti da opere d’arte di maestranze locali che hanno tappezzato di murales a tema gli scorci utilizzati per le riprese. Anche l’Arkham Asylum, per esempio, proprio per renderlo verosimile, è stato ribattezzato in Arkham State Hospital.

Tra i luoghi iconici, una caratteristica scala (ripresa nelle vicinanze del Bronx) che diventa uno dei simboli del film. A metà strada tra quella di Rocky e quella dell’Esorcista, identifica la lunga fatica di Arthur nel trascinarsi fuori dalla società per rientrare a casa ma, di contro, è una splendida passerella in una delle scene migliori del film, quando finalmente il Joker sale (scende, dal suo punto di vista) in cattedra.


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Degna di nota la colonna sonora curata da Hildur Guðnadóttir, scritta tutta completamente durante la pre-produzione del film, con il regista e Phoenix che mandavano di volta in volta pagine di sceneggiatura per agevolare il lavoro della compositrice islandese (classe 1982).

La Guðnadóttir ha realizzato un lavoro strepitoso, con melodie monotoniche e molto semplici che riprendono in fondo la semplicità del pensiero di Arthur, che vorrebbe solo far ridere il prossimo (non a caso i bambini, ancora senza filtri e pregiudizi, sono gli unici che sembrano comprenderlo).

Il violoncello è il fulcro dello score, con un’orchestra di 90 elementi a completo servizio di supporto, ma ben nascosta a un primo ascolto. Da manuale anche le integrazioni non originali, con Smile ma soprattutto Send in the Clowns e That’s life di Frank Sinatra (non potrete più ascoltarle senza pensare a questo Joker).


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Chiudiamo con qualche neo, che speriamo di rivalutare con una nuova visione della pellicola. Ottimo il doppiaggio - difficilissimo - di Adriano Giannini, che dà voce italiana a Joaquin Phoenix. Ci riserviamo solo il beneficio del dubbio sull’intonazione e sulla cadenza utilizzata nello show finale, a cospetto di Murray Franklin, quando il Joker dichiara al mondo la sua visione della società. Una scelta evidentemente voluta, da confrontare con la versione originale, che però ho trovato distante dalla naturale evoluzione del personaggio.

In qualche stacco di montaggio, ci è sembrata sia venuta a mancare la continuità della scena e il raccordo di attori e oggetti presenti sul set;  vorremmo inoltre anche rivedere l’ultimissima scena della pellicola, per capire se il film avrebbe avuto un suo senso compiuto anche terminando con la perfetta chiusura della scena precedente ambientata per strada.

E, per rovinarvi la giornata, vi ricordiamo che, a dispetto dell’ottimo inserimento della famiglia Wayne in questo Joker (compreso Bruce), il prossimo Batman sul grande schermo arriverà nel 2021, con l’interpretazione di Robert Pattinson.

Che dire. Smile!

 

La pagella artistica secondo Alessio Tambone

Regia 7,5
Sceneggiatura 9,0
Fotografia 8,5
Musiche 9,0
Cast artistico 9,0
Film 9,0

 

Pagina 3 - La recensione di Emidio Frattaroli


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La genesi di Joker è un Film potente, molto ben scritto, ben diretto e fotografato, che ha già messo d'accordo non soltanto pubblico e critica ma anche chi apprezza l'elevato profilo tecnico di una produzione cinematografica. Girato per la gran parte con la Arri Alexa 65 (fonte Arri.com), il film è stato prodotto con la premessa che la distribuzione sarebbe avvenuta sia nelle sale IMAX, sia in quelle Dolby Cinema: nel primo caso, c'è ovviamente molta attenzione alla risoluzione mentre per la distribuzione nelle sale Dolby Cinema è altrettanto importante la cura nella riproduzione della gamma dinamica (Dolby Vision e HDR) e dell'audio (Dolby Atmos).


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La cura della qualità in ogni suo aspetto è molto evidente in ogni inquadratura. Secondo alcune fonti, confermate anche da IMDB, oltre alla camera principale Alexa 65, in alcune inquadrature sarebbe stata utilizzata anche la Alexa LF. Nel primo caso, con la Alexa 65, il grande sensore con risoluzione di 6560 x 3100 punti (54,1 x 25,5 mm), è stato utilizzato solo per due terzi della sua superficie (5.100 x 2.880). Nel secondo caso, il sensore della Alexa LF da 4450 x 3100 punti (36,7 x 25,5 mm) è stato utilizzato completamente. Al termine della post produzione, è stato prodotto un master a risoluzione 4K da cui sarebbero state declinate tutte le varie edizioni che sono state distribuite. E sono tante.


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In questi giorni ho assistito già a numerose proiezioni, sia in digitale con proiettore DLP a risoluzione 2K allo Smeraldo di Teramo, sia con proiettore SXRD a risoluzione 4K al Multiplex delle Stelle a Castel Di Lama e anche in pellicola 70MM a 5 perforazioni e scorrimento verticale nella sala Energia all'Arcadia di Melzo. In quest'ultimo caso, la stampa dei positivi 70MM è stata effettuata comunque dal Master a risoluzione 4K, sempre con rapporto d'aspetto in 1,85:1, con due piccole bande nere ai lati del fotogramma. In tutti e tre i casi ho potuto apprezzare la cura quasi ossessiva in ogni particolare, specialmente nella precisione della messa a fuoco, anche - e soprattutto - nelle inquadrature con profondità di campo estremamente sottile.


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Benché illuminazione e arredamento della sala siano elementi chiave nella qualità finale della proiezione, ho trovato più dettaglio e risoluzione nelle proiezioni digitali. Ho preferito invece la proiezione in 70MM all'Arcadia di Melzo (qui in basso un breve video della serata) per gamma dinamica e qualità complessiva: il cinema non è solo "risoluzione" ma soprattutto un gioco di luce e di ombre. Ebbene, la pellicola 70MM ha un rapporto di contrasto superiore alle proiezioni con tecnologia digitale (specialmente DLP) ed è un aspetto che dona alle immagini in 70MM una profondità e uno "spessore" così elevati che tutti i discorsi su risoluzione, stabilità di quadro e uniformità passano in secondo piano.

In attesa di completare la mia personale visione di Joker anche in IMAX, non posso evitare di spendere qualche parola anche per l'Audio, che ho avuto l'occasione di ascoltare anche in lingua originale, oltre che in Dolby Atmos e in Italiano. Anche in questo caso, anche nel mix in lingua italiana, la cura della qualità e della ricostruzione spaziale è quasi maniacale, con le sorgenti sonore che spesso seguono anche i movimenti di macchina. In questo senso, l'ascolto in una sala con Dolby Atmos sarà una esperienza esaltante, con segnali di ambienza molto ben curati, fino a farvi credere che qualcuno abbia dimenticato la suoneria accesa del proprio cellulare, sin dai primi secondi della proiezione. L'interpretazione di Adriano Giannini è encomiabile, anche se la presa diretta di Joaquin Phoenix è praticamente inarrivabile.

Joker sarà molto probabilmente un riferimento assoluto quando sarà disponibile in formato UHD 4K Blu-ray HDR. Nel frattempo, cercate una sala di qualità e scegliete un posto centrale e non troppo distante dallo schermo (possibilmente grande) perché la visione e l'ascolto di questo film vi farà tornare la voglia di andare un po' più spesso al cinema. 

La pagella tecnica secondo Emidio Frattaroli

Film 9,0
Fotografia 8,5
Qualità video 9,0
Audio ITA 8,5
Audio O.V. 9,0