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La piccola Elizabeth Harmon rimasta orfana a causa di un incidente stradale viene portata in un orfanotrofio dove vengono somministrate ai bambini delle pillole tranquillanti. Mandata nel seminterrato a pulire i cancellini dal gesso fa la conoscenza del signor Shaibel, il custode dell’istituto, mentre gioca a scacchi da solo. Dopo varie richieste Beth riesce a convincere l’uomo a farsi insegnare il gioco. La bambina apprende velocemente anche grazie alla concentrazione che i farmaci che assume le danno e dopo essere stata adottata, il suo precoce talento inizia a farla conoscere prima a livello locale e poi, attraverso vari tornei, in tutta l’America. La sfida più grande diventa così quella contro i fortissimi giocatori russi. Ma si rivelerà secondaria rispetto ai problemi legati alle dipendenze da tranquillanti e alcol con cui dovrà fare i conti. Basata sull’omonimo romanzo di Walter Trevis del 1983 in cui spiccava un parallelismo con la vita del famoso scacchista Bobby Fischer, La regina degli scacchi (in originale The Queen’s Gambit, cioè il gambetto di donna, una delle aperture più antiche che si conoscano) è arrivata su Netflix senza avere alle spalle un lancio mediatico particolarmente forte ma si è subito rivelata una delle serie più interessanti degli ultimi anni, di sicuro la migliore di questo 2020. La serie si apre su un cambio di direzione. Improvviso. Lancinante. Un incidente stradale che lascia una bimba di nove anni senza madre, suo unico genitore. Viene quindi portata in un istituto per orfani. Quello che fin qui, in altre serie romanzate alla bell’e meglio, potrebbe essere il preludio a conseguenze drammatiche come il conflitto con una perfida direttrice aguzzina o atti di bullismo subiti dalle altre ragazze, scorre in realtà in maniera pacifica. Anche la somministrazione delle pillole bianche e verdi non si avverte come un problema ma come ciò che in quegli anni era probabilmente la norma. Il primo focus arriva quando Beth viene mandata negli scantinati e vede il custode seduto a un tavolo che senza un avversario di fronte sta giocando a scacchi. E quel posto resta vuoto fin quando la sua testardaggine non costringe l’uomo a farle da maestro. Impresa non facile dato che la piccola, una volta apprese le regole vuole imparare a vincere senza curarsi troppo delle moltissime leggi, codificate e non, del gioco nato in India quindici secoli fa. - Per le persone come te è difficile. Due facce della stessa medaglia. Hai un dono ma ne paghi il prezzo, difficile dire quale sarà. Avrai il tuo momento di gloria, ma per quanto? Hai così tanta rabbia dentro, devi stare attenta. “La scacchiera è un intero mondo in sole 64 caselle. Mi sento al sicuro lì dentro. È qualcosa che posso controllare, dominare. Ed è prevedibile. Se sbaglio, la colpa è solo mia.” Qualcuno ha incautamente accostato la figura di Beth a quella di Rocky - il quarto Rocky - a causa di alcune adiacenze. Come il parallelo che interviene nel rapporto tra Stati Uniti e Russia. Ma le due prospettive sono paragonabili solo in parte. Lo stress del pugilato che è uno tra gli sport più pesanti fisicamente può essere accostato a quello che deriva dall’impegno mentale necessario negli scacchi. Ma i due periodi storici sono distanti anni luce in termini socio-culturali. E mentre il film con Stallone era un mega spot propagandistico a favore degli USA di Reagan a sfavore dell’Unione Sovietica, Beth (e la serie) non giudica né l'una né l'altra parte. Semmai tende a scardinare le ipocrisie e gli apparati che sono parte integrante di entrambi i Paesi, se non di qualsiasi altro. “Creatività e psicosi vanno spesso insieme. Come, del resto, genio e follia.” Una particolarità della serie è che non appare come un'invenzione ma come una storia realmente accaduta. Che non è. La messa in scena è minuziosa, dai reparti tecnici, regia di Scott Frank in testa, alla costruzione dei singoli personaggi - caratterizzati dalle ottime sceneggiature e dialoghi modellati e cesellati dagli interpreti - su corpi che vestono anni ‘60, vivono negli anni ‘60 ma hanno una visione libera e moderna che ben si accosta alle loro menti brillanti di abili strateghi. E d’altronde quale epoca è migliore di quella in cui tutto sembrava possibile per raccontare una storia simile? Anya Taylor-Joy è pura brace che arde sotto la cenere. Trattiene il personaggio quel tanto che basta a farlo esplodere al momento giusto, mescola l’algida sicurezza della perfetta scacchista alla sregolatezza dell’adolescente benestante e sbandata. La sua Beth non è bella in senso assoluto ma dal modo di porsi alle acconciature e all’abbigliamento en vogue risulta affascinante e seducente quanto Ann-Margret (se non avete ancora visto la serie, per capire un po’ lo stile di Beth potete guardare la scena in cui balla da sola davanti al video originale di Venus degli Shocking Blue, non contiene spoiler). Il signor Shaibel (Bill Camp) è burbero ma non è in grado di resistere alla determinazione della ragazzina che vicino a lui e alla sua guida diventa sempre più geniale. L’amica Jolene (Moses Ingram) è la perfetta sopravvivente da cui imparare a resistere di fronte a qualsiasi cosa. Alma, la madre adottiva (Marielle Heller), è una discreta pianista che a causa del panico da palcoscenico non è mai diventata concertista ma segue la figlia assecondandola, senza invaderla. Townes (Jacob Fortune-Lloyd), tra i primi avversari di Beth diventa anche il suo primo vero amore. Benny Watts (Thomas Brodie-Sangster) è il campione americano che all’inizio le dà del filo da torcere ma poi condivide con lei mosse e strategie allenandola a usare la mente in modi alternativi per poter vincere contro i più forti. Anche contro l’impenetrabile Vasily Borgov (Marcin Dorociński), il sovietico campione del mondo contro cui Beth non sente di avere chance a meno di riuscire a trovare il giusto equilibrio fisico e mentale per giocare perfettamente la partita più importante. Essendo una serie a stagione unica, al momento non è previsto un seguito nonostante l’enorme successo che sta ottenendo. Ed è difficile dire se sia meglio così in modo che non venga a deteriorarsi col tempo o, al contrario, sperare che le avventure di Beth Harmon continuino come quelle di altri personaggi seriali d'autore. VALUTAZIONI dal trailer all’intera serie soglia d’attenzione visione
La regina degli scacchi | miniserie (The Queen’s Gambit) ideatori Scott Frank, Allan Scott regia Scott Frank soggetto Walter Tevis (dal suo romanzo omonimo) sceneggiatura Scott Frank fotografia Steven Meizler personaggi interpreti critica IMDB 8.9 /10 | Rotten Tomatoes 8.1 /10 | Metacritic 79 /100 camera Red Ranger Monstro, Zeiss Supreme Prime Lenses
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