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L’agente della CIA Brandon Cunningham, che risponde al nome in codice di Martian, viene fatto rientrare a Londra dopo anni di lavoro sotto copertura, nei quali ha vissuto un amore con Samia, una donna etiope che con lui ha avuto un rapporto extraconiugale, e crede che l’uomo sia uno scrittore di nome Paul Lewis. I due si lasciano, ma ancora innamorati. Al ritorno in patria, Martian deve indagare su un agente chiave di stanza in Russia, anche lui sotto copertura, la cui scomparsa potrebbe mettere in pericolo gli equilibri internazionali. Quando Martian scopre che Samia è in visita a Londra per uno stage, la passione si riaccende. Ma questo porterà entrambi in una spirale pericolosa, in cui a farla da padrone saranno le sempre più grosse bugie che metteranno a repentaglio la vita di entrambi. Remake della serie francese Le Bureau - Sotto copertura andata in onda in cinque stagioni dal 2015 al 2020 (in Italia dal 2017), la serie creata dai fratelli Jez e John-Henry Butterworth (il primo regista di Birthday Girl e sceneggiatore di film come Edge of Tomorrow, Black Mass, Spectre, Le Mans '66 - La grande sfida e Indiana Jones e il quadrante del destino) si presenta subito come un prodotto dalla qualità altissima. I primi due episodi sono affidati alla direzione di Joe Wright, regista di M - Il figlio del secolo, che introduce situazioni e personaggi con dialoghi dinamici ed essenziali immersi in immagini dense e via via sempre più rivelatrici. Come in ogni prodotto di spionaggio che si rispetti, al centro della narrazione si pongono i continui inganni. Già dalle prime inquadrature viene mostrato un protagonista che per proteggere l’amante “rielabora” la chiusura con questa nel rapporto video con la sua referente all’agenzia. Si delineano i primi tratti del personaggio e della situazione in cui si trova, in un crescendo in cui il fulcro non è la storia ma la crescente tensione che stabilisce un ritmo, a tratti apparentemente lento, ma così pieno da fissare l’attenzione al pari di un action altamente adrenalinico. Quattro sono le principali linee narrative. La storia fra Martian e Samia. Lui non può rivelarle la sua identità e per sicurezza non vuol sapere i segreti di lei. Anche lei nasconde delle verità ma la sua figura è maggiormente esposta perché una donna che tradisce il marito nel suo paese rischia molto di più di un agente protetto da una grossa organizzazione. Le conseguenze del loro rapporto hanno un potenziale ben più deflagrante di quanto ci si possa aspettare e per questo la loro storia fa da guida a tutte le altre. La seconda linea è quella tra la CIA e Coyote, un agente sotto copertura che scompare all’improvviso senza lasciare traccia. Restano solo le ultime immagini di lui che ubriaco fugge in macchina inseguito. È la parte più complessa e articolata. Alla CIA così come ai russi non sta a cuore il prossimo, quando qualcuno viene reclutato (o corrotto) e si trova dall’altra parte, il rischio resta a suo carico. E le possibili conseguenze sono quasi sempre fatali. Poi c’è il rapporto tra Martian e sua figlia Poppy la quale a un certo punto viene coinvolta all’interno di un gioco enormemente più grande di lei. Il suo personaggio è centrale nella narrazione perché solo lei è il riferimento del protagonista per quel che riguarda una certa purezza da ritrovare, in netta contrapposizione alle menzogne da cui lui è circondato, comprese le sue stesse, che quando finiranno lo metteranno di fronte a scelte estreme. La ricerca di un equilibrio tra i due è stimolante sia per l’acume della ragazza che per la possibilità dell’uomo di ritrovare se stesso dopo gli anni passati sotto copertura. Anni che pesano, particolarmente quando viene sottoposto dall’agenzia alle cure di una psicoterapeuta che vuol capire gli strascichi post missione. Cosa che (lo spiega Martian stesso) non può che portare nella direzione della follia, perché solo un folle può fare (e continuare a fare) quel tipo di lavoro. E infine Daniela, una nuova agente sotto copertura che viene addestrata per ricoprire un incarico di livello, il suo primo compito importante per il quale dovrà mettere da parte ogni cosa, fino a se stessa. La parte che riguarda Daniela è staccata dal resto, quasi come se si volesse fare un flashback sugli inizi da agente del protagonista. I primi episodi sono davvero ben realizzati, con un montaggio efficace e una fotografia di gran pregio. Poi si comincia a introdurre diversi personaggi solo parlandone, un difetto comune a tante serie simili, il che indebolisce l’ottimo impianto iniziale ma non ne intacca troppo la qualità generale. La recitazione di tutto il gruppo è altamente impattante. La presenza di Michael Fassbender è già garanzia di qualità, ma anche il resto del cast (su cui si erge il sempre efficace Richard Gere) si muove nello schema seguendo le orme tracciate dal protagonista, confrontandosi con lui in ogni momento, sia facendo spiccare ancor di più la sua recitazione, sia elevando il valore della serie. La linea montata su alcuni flashforward porta verso qualcosa che non è detto, ma si presume e si spera, si verifichi entro questo capitolo. La serie è stata confermata per una seconda stagione già a inizio dicembre scorso, dopo l’uscita dei primi due episodi, grazie anche agli oltre cinque milioni di spettatori globali che pongono la serie come la più vista in streaming nella storia di Showtime. Il finale altamente drammatico, chiude una linea narrativa, ne sistema un’altra e ne apre due, lasciando diversi interrogativi aperti in attesa di un seguito che sia altrettanto interessante. VALUTAZIONI prima della visione dopo la visione soglia d’attenzione The Agency | stagione 1 ideatore Jez Butterworth, John-Henry Butterworth personaggi interpreti critica IMDb intera stagione 7,4 /10 singoli episodi 7,7 /10 | Rotten Tomatoes critica 6,2 /10 utenti 3,9 /5 | Metacritic critica 66 /100 utenti 6,5 /10 |
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